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Profondo rosso è un film del 1975, diretto da Dario Argento.

Rappresenta, secondo molti critici cinematografici e molti appassionati, il miglior film di Argento. L'opera segna il passaggio fondamentale fra la fase thriller nell'itinerario del regista, della quale fanno parte L'uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio, e quella horror cominciata con Suspiria.
Fin dalla sua uscita nelle sale, la pellicola ebbe un ottimo successo di pubblico e, col passare degli anni, divenne un film di culto, grazie anche ai terrificanti effetti speciali, cui mise mano anche Carlo Rambaldi, e alla musica, composta dal pianista jazz Giorgio Gaslini con l'ausilio del gruppo rock progressive dei Goblin. Il film fu girato tra Torino, Perugia e Roma; all'inizio del film si vuol dare a capire che la città in cui si svolge la vicenda è la Capitale.

Trama[]

La trama prevede che la vicenda si svolga interamente a Roma, mentre, in realtà (vedi infra), la maggior parte delle scene in esterni sono state girate a Torino. La storia ha inizio in un piccolo teatro della capitale, dove si svolge un congresso di parapsicologia presieduto da una sensitiva tedesca, Helga Ulmann (Macha Méril). Dopo aver dato dimostrazione delle sue facoltà medianiche rivelando il nome di un signore seduto in platea, senza averlo mai conosciuto prima, la medium lancia un urlo. Una volta calmatasi, la Ulmann dichiara di aver avuto la sensazione che una lama invisibile attraversasse il suo corpo, ma tranquillizza subito i suoi assistenti e decide di continuare con il congresso. Dopo pochi secondi, quella terribile sensazione la raggiunge nuovamente, ma questa volta in maniera estrememente violenta e molto più chiara. La Ulmann afferma di essere entrata in contatto - senza volerlo - con una mente perversa, probabilmente presente tra il pubblico. Aggiunge anche che questa persona ha già ucciso e che ucciderà ancora. Infine parla di una villa e di una strana nenia infantile.

Tornata a casa, mentre parla al telefono, la sensitiva comincia a sentire una strana musica, molto simile ad una canzoncina per bambini. Poco dopo sente il suono del campanello della porta e, mentre sta per andare ad aprire, la terribile sensazione avuta in teatro si ripresenta. La porta viene sfondata e una mano che impugna una mannaia da macellaio sferra violenti colpi sul corpo della sensitiva, che cade al suolo. Si rialza e cerca di scappare, raggiunge una finestra per gridare aiuto, ma prima che possa aprirla l'assassino la colpisce a morte.

In quel momento il pianista inglese Marc Daly (David Hemmings), arrivato a Roma per insegnare jazz, assiste dalla strada all'epilogo del delitto. Il suo appartamento è nello stesso stabile in cui si svolge l'assassinio. Con lui c'è Carlo (Gabriele Lavia), un altro pianista amico di vecchia data, in quel momento completamente ubriaco. Mentre Carlo torna nel locale dove suona, Marc sale subito all'abitazione della medium, dove viene raggiunto poco dopo dalla polizia, guidata dall'irruente commissario Calcabrini (Eros Pagni). Appare improvvisamente sulla scena anche una giovane giornalista, Gianna Brezzi (Daria Nicolodi, all'epoca compagna di Dario Argento). Gianna, intrigata dal possibile scoop e attratta da Marc, decide di non lasciarlo solo nelle indagini.

Un parapsicologo che era stato presente alla conferenza dichiara che la nenia infantile, che secondo lui serve al killer, un maniaco, per ricreare il climax di una certa situazione in cui aveva già ucciso, è contenuta in un vecchio libretto di leggende popolari che Marc riesce a rintracciare in una biblioteca. Il libro contiene la fotografia di una villa di cui Marc cerca di scoprire l'ubicazione. L'unico elemento interessante è la presenza nel giardino di una grande pianta, molto rara per la zona di Roma. In giornata, Marc si reca anche a casa di Carlo, per sincerarsi che abbia smaltito la sbronza. Conosce la madre, Marta (Clara Calamai), ex attrice a riposo, la quale lo informa che Carlo è a casa di un suo amico e gli dà l'indirizzo. Giunto sul posto, Marc scopre che l'amico di Carlo è un travestito e che a Carlo piace stare in sua compagnia.

Mentre prosegue le indagini, Daly si accorge di essere diventato il bersaglio numero uno del killer, che intanto continua a commettere i suoi delitti, arrivando sempre più vicino a lui e uccidendo tutte le persone che gli stanno accanto oppure che giungono alla verità. Muoiono infatti, uno dopo l'altro, la scrittrice Amanda Righetti (Giuliana Calandra), autrice del libro in cui si parla della villa, che il killer affoga in una vasca piena di acqua bollente, e lo psichiatra Giordani (Glauco Mauri), già presente alla seduta della medium e collaboratore di Marc alle indagini, il quale scopre il nome del killer lasciato dalla Righetti - un attimo prima di spirare - sulle maioliche del bagno di casa.

Continuando le sue indagini, Marc Daly mostra la foto della villa a diversi vivaisti; uno di questi riconosce la pianta, da lui venduta anni prima, e gli fornisce l'indirizzo della villa. Questa è disabitata, ma custodita. Il musicista rintraccia il custode, che ha una figlia in età scolare, Olga (Nicoletta Elmi), e si fa prestare le chiavi. Quando entra nella villa, scopre subito qualcosa d'interessante: sotto l'intonaco di una parete c'è un affresco raccapricciante che raffigura un bambino con un lungo coltello in mano e un uomo gigantesco con il petto inondato di sangue.

Tornato a casa, Daly decide però di abbandonare le sue ricerche e di lasciare Roma: chiede pertanto a Gianna se vuole partire con lui per la Spagna. La giornalista accetta entusiasta e i due si danno appuntamento per la sera stessa. Ma a Daly torna in mente un particolare: la villa che ha appena visitato ha quattro finestre, mentre nella foto ce ne sono cinque. Decide allora di tornare a investigare e scopre che all'interno della villa c'è una stanza murata. Con un piccone abbatte il muro divisorio e, con sua grande sorpresa, trova un corpo in decomposizione all'interno della stanza. Subito dopo riceve un colpo sulla testa e sviene.

Quando si sveglia vede il volto di Gianna: la giornalista lo ha seguito e lo ha trascinato fuori dalla villa, a cui qualcuno ha appiccato il fuoco. Poco dopo Marc e Gianna raggiungono la casa del custode e il musicista ha un sussulto quando - nella cameretta della bambina - scopre un disegno che è uguale a quello che ha trovato dentro la villa, scavando sotto l'intonaco. Marc interroga la bimba, la quale confessa di aver copiato il disegno a scuola: l'ha trovato in una vecchia raccolta, mentre era stata messa in punizione in archivio. Marc e Gianna si recano subito nella scuola di Olga e si mettono a cercare insieme il disegno. Mentre Gianna si allontana per chiamare la polizia, Marc trova il disegno e ne legge la firma. Cerca immediatamente Gianna, ma la ritrova ferita, con un coltello conficcato nel fianco, ma ancora viva. Il killer, dunque, è già dentro la scuola. Marc dichiara al killer ancora nascosto di aver riconosciuto la sua identità. Alle sue spalle appare l'amico e collega Carlo che gli punta contro la pistola. Ma prima che prema il grilletto, Carlo viene messo in fuga dalla polizia: non fa però molta strada, poiché viene prima investito e trascinato da un camion e poi ucciso da una macchina, che gli schiaccia la testa.

Profondo rosso1

La copertina del film

Tutto risolto? No, perché mentre Gianna viene portata in ospedale, Marc torna verso il suo appartamento e ripercorre gli eventi che gli sono accaduti. Resosi conto che Carlo non può essere il killer, perché si trovava con lui nella piazza mentre veniva compiuto il primo delitto, decide quindi di ritornare nell'appartamento della medium per cercare nuovi indizi. Appena entra, si rende conto che subito dopo il delitto della Ulmann, aveva già visto il misterioso assassino, il cui volto era riflesso in uno specchio appeso a una parete dell'appartamento, tra altri quadri.

Si ripete la scena già vista nella scuola: Marc si volta e vede finalmente il killer, questa volta quello vero: il suo volto è quello di Marta, la pazza madre di Carlo, che - quando quest'ultimo era ancora piccolo - aveva assassinato sotto i suoi occhi il padre, che voleva ricoverarla in clinica perché malata di mente. Carlo, da bambino, aveva quindi dipinto a scuola l'orrenda scena del delitto. La villa era stata la prima abitazione di Carlo e il corpo in decomposizione era quello di suo padre.

Marta cerca di colpire Marc con una mannaia, finendo però incastrata nelle inferriate dell'ascensore, per colpa di un ciondolo di metallo con grossi elementi. Il pianista preme allora il tasto per far scendere l'ascensore, e la donna rimane decapitata dalla sua stessa collana. I titoli di coda, accompagnati dall'angosciante tema musicale, scorrono su una macchia rosso sangue, in cui si vede riflesso il volto del protagonista.

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